Nel panorama dell’innovazione agricola italiana si apre uno scenario complesso e affascinante, dove sostenibilità, tecnologia e percezioni individuali si intrecciano. A indagare questo mondo è una ricerca coordinata dal gruppo di lavoro congiunto tra l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Università di Torino, nell’ambito del progetto AGRITECH Pnrr. L’obiettivo? Comprendere come consumatori e produttori percepiscono le tecnologie applicate all’agricoltura, e cosa ostacola o favorisce la loro diffusione.
I risultati dello studio – svolto dal centro di ricerca EngageMinds HUB dell’Università Cattolica – che ha coinvolto oltre 800 partecipanti, mostrano un’Italia divisa. Da un lato, cresce l’apertura verso le tecnologie applicate ai processi produttivi agricoli; dall’altro, resta una certa diffidenza verso i cosiddetti novel food, cioè i prodotti alimentari derivanti da queste tecnologie.. È una zona grigia quella in cui si collocano le percezioni dei consumatori: la tecnologia, in quanto strumento, è valutata generalmente in maniera positiva; il prodotto finale, invece, suscita maggiori esitazioni. Tra le innovazioni più accettate troviamo i biostimolanti e l’intelligenza artificiale applicata all’agricoltura, considerati strumenti efficaci per rendere più sostenibili le filiere alimentari. Al contrario, gli upcycled food – cioè alimenti ottenuti dal recupero creativo degli scarti – incontrano maggiori resistenze, spesso legate a percezioni negative sul gusto o alla sensazione di “scarto riciclato”.
Non sorprende che il disgusto emerga come una delle principali barriere all’acquisto. Tuttavia, l’intenzione di acquisto varia significativamente in base alle caratteristiche psico-sociali degli individui. Le persone con un alto livello di istruzione, una maggiore apertura verso le novità alimentari e un coinvolgimento attivo con il tema della nutrizione, risultano più inclini ad accogliere queste innovazioni nella propria dieta.
Dal lato dei produttori, la fotografia è altrettanto articolata. Il 90% delle aziende agroalimentari italiane ha introdotto almeno un’innovazione significativa nel triennio 2021-2023, spesso su impulso diretto del titolare d’impresa. Le tecnologie più sperimentate includono lo smart farming, la blockchain, il riutilizzo delle acque reflue e le nanotecnologie. Tra i fattori che favoriscono l’adozione emergono il supporto economico – come credito e sussidi pubblici – e la partecipazione a reti d’impresa, elemento cruciale soprattutto per le realtà più piccole. Le barriere, invece, si annidano nelle incertezze del mercato, nei limiti strutturali delle aziende e nella difficoltà ad accedere a strumenti finanziari.
La ricerca sottolinea come le barriere individuali, in particolare quelle emotive nel caso dei consumatori e quelle economiche per i produttori, rappresentino gli ostacoli principali all’adozione delle nuove tecnologie. Tuttavia, vi sono anche leve di azione: campagne di comunicazione mirate e politiche di sostegno economico possono giocare un ruolo fondamentale per superare queste resistenze e favorire la transizione ecologica del settore agroalimentare.
In un’epoca in cui la sostenibilità non è più un’opzione, ma una necessità, capire come e perché le tecnologie vengono accettate o rifiutate diventa un tassello strategico per il futuro dell’agricoltura italiana.