Sostenibilità nelle produzioni lattiero-casearie: conoscere per informare

Un webinar con relatori internazionali per approfondire le diverse sfaccettature della sostenibilità

Complessità, trade off, mitigazione. Con queste tre parole chiave, il professor Lorenzo Morelli – Ordinario di Microbiologia e direttore del Dipartimento di Scienze e tecnologie alimentari per una filiera agro-alimentare sostenibile (Distas) dell’Università Cattolica – ha chiosato un importante webinar che ha messo al centro la sostenibilità. L’incontro – organizzato da Unicatt attraverso il Progetto Craft (CRemona Agri-Food Technologies) e con il contributo di Ircaf, Centro di riferimento agro-alimentare Romeo ed Enrica Invernizzi – ha visto relatori e partecipanti di livello internazionale. 
“Agri-food sustainability: knowing to inform”, che possiamo tradurre con “Sostenibilità agroalimentare: conoscere per informare” ecco il titolo che davvero rappresenta il concept dell’iniziativa: per informare, o parlare di sostenibilità è necessario conoscerne la matrice, i meccanismi, i corretti metodi di calcolo.

La sostenibilità ha molte facce
E in questo senso, già con la prima delle due relazioni in programma nel seminario erogato via web su piattaforma dell’Università Cattolica, si è andati a indagare la complessità del concetto di sostenibilità. La relazione, tenuta da Nicole Darmon de l’Inrae (il francese Institut national de recherche pour l’agriculture, l’alimentation et l’environnement), ha avuto come titolo The four domains of sustainability: i quattro ambiti della sostenibilità. Da qui è subito emerso uno degli aspetti di maggior importanza quando si vuole parlare compiutamente di sostenibilità: la sua multifattorialità. Semplificando, si potrebbe dire: non esiste una sola sostenibilità. Perché oltre all’aspetto ambientale – quello a cui tutti pensano quando parlano di sostenibilità – esistono almeno altri tre aspetti da considerare necessariamente: nutrizionale; culturale (e sociale); economico. 
Perché come ha ben spiegato Darmon, una dieta è davvero sostenibile se, oltre a rispettare l’ambiente, risulta nutrizionalmente adeguata, sana e sicura; è accettabile per una determinata area culturale del Mondo, e questo ci dice che non esiste una dieta sostenibile per tutte le latitudini; si mostra infine accessibile, equa e conveniente dal punto di vista economico.

La relazione di Nicole Darmon è andata poi in profondità su queste questioni, passando in rassegna i fattori che determinano ciascuno delle quattro dimensioni della sostenibilità. Da un punto di vista ambientale, si devono considerare le emissioni di gas serra, l’impatto sulla acidificazione ed eutrofizzazione delle acque, l’uso del suolo e la biodiversità. Questioni importantissime e imprescindibili, tanto almeno quanto quelle di ordine nutrizionale, come il contenuto di nutrienti del cibo di cui si vuol calcolare la sostenibilità. E soprattutto la quantità di nutrienti ed energia per unità di peso dell’alimento, quella che viene chiamata nutrient density e energy density. E rapportare tutto ciò alle raccomandazioni dei nutrizionisti rispetto alle necessità di assunzione dei nutrienti.
Non meno importanti sono le considerazioni di ordine culturale ed economico. Sotto il primo aspetto – ha sottolineato Darmon – per disegnare una dieta sostenibile non si può prescindere dalle abitudini e tradizioni alimentari di un luogo e di una cultura. Mentre dal punto di vista economico è necessario che i costi di una dieta siano alla portata delle persone, e che vengano garantiti redditi equi ai produttori di alimenti.

Composto questo quadro su cosa si debba intendere per sostenibilità, a Thom Huppertz – Professore di Scienze e tecnologie lattiero-casearie all’università di Wageningen University e Principal scientist a FrieslandCampina (la più grande cooperativa al mondo nel settore) – è stato chiesto di fare lo stato dell’arte della sostenibilità nel settore lattiero. Che innanzitutto ha chiarito un concetto preliminare molto importante: come da tempo ogni evidenza scientifica mostra, l’impatto zero per qualsiasi attività umana è utopia. Ciò a cui si deve realisticamente tendere è alla mitigazione dell’effetto negativo sull’ambiente delle produzioni alimentari. 

Per il resto, sono molti i dati e le informazioni portate da Huppertz, che hanno contribuito a chiarire alcuni elementi chiave. A cominciare dai trade off che inevitabilmente si creano tra i diversi fattori della sostenibilità. Perché – ha spiegato – sia mettendo in relazione le proprietà nutrienti e salutari dei cibi e il loro impatto ambientale, ma anche gli aspetti culturali ed economici, si crea il classico effetto da coperta corta” per cui più si spinge in una direzione e più ci si scopre dall’altro lato. Eclatante, da questo punto di vista, è il fatto che molto spesso ridurre l’impatto ambientale di alcune diete fa aumentare i costi di produzione. Ma l’accessibilità economica del cibo è sia eticamente che pragmaticamente essenziale in un Mondo che vede ancora la malnutrizione tra le proprie piaghe, e che deve pensare a sfamare dieci miliardi di individui nel giro di pochi decenni.
Per questi motivi, la valutazione della sostenibilità di un prodotto o di una dieta – ha sottolineato Huppertz – non è una questione on/off, bianco/nero; ma al contrario è una questione complessa, con molte sfaccettature e richiede risposte e approcci altrettanto complessi.