Qualità del latte: dalle rappresentazioni sociali al dialogo tra operatori e consumatori

Con questo articolo, che riporta l’analisi del gruppo di ricerca in Psicologia dei consumi, iniziamo ad approfondire uno degli aspetti affrontati nel progetto Ircaf sulla Milk quality

 

A testimonianza del fatto che il significato di “qualità” nell’ambito del latte alimentare vada approfondito c’è l’emergere della necessità di comprendere le rappresentazioni sociali su questo tema. Di tale compito si è fatto carico il team di ricerca di psicologi dei consumi guidato dal professor Claudio A. Bosio, che ha fatto un passo in più, andando ad approfondire e categorizzare il concetto di qualità del latte  mettendo a confronto  tre gruppi di stakeholders del settore lattiero-caseario: produttori primari, trasformatori lattiero-caseari e consumatori. Ne è uscito un articolo scientifico intitolato Milk Quality Conceptualization: A Systematic Review of Consumers’, Farmers’, and Processing Experts’ Views, pubblicato sulla rivista Foods a firma Greta Castellini (EngageMinds HUB – Università Cattolica), Serena Barello (Università di Pavia) e Claudio A. Bosio (EngageMinds HUB – Università Cattolica).

Per il consumatore è mutata l’idea di qualità del latte
Il lavoro – frutto, come recita il titolo, di una revisione sistematica della letteratura elaborata dal gruppo di ricerca e condotta seguendo le linee guida del metodo PRISMA (Preferred Reporting Items for Systematic reviews and Meta-Analyses) – mette innanzitutto a fuoco un problema. Se infatti, da un lato, l’importanza del latte alimentare come parte fondamentale della dieta umana è tradizionalmente riconosciuta in larga parte del Mondo, dall’altro lato da alcuni anni, e segnatamente in Italia, i consumi di latte risultano in calo. Come spesso accade si tratta di dinamiche complesse, ma tra le cause di questo fenomeno una emerge per rilevanza e fa riferimento al mutamento dell’idea di qualità del latte che da tempo si sta facendo largo tra i consumatori.  

L’importanza di uno studio sulla percezione della qualità in tre gruppi di stakeholders
L’idea di qualità del latte diventa dunque sfaccettata, e diversamente percepita dagli stakeholders del settore. Per meglio comprendere questo complesso contesto, l’obiettivo primario della revisione sistematica è stato comprendere in modo approfondito le caratteristiche associate al concetto di qualità del latte, considerando il punto di vista di tre gruppi di stakeholders: gli allevatori e gli esperti della produzione primaria di latte crudo, i trasformatori e gli esperti in trasformazione in latte alimentare, i cittadini-consumatori.
Dunque, per meglio dire, il lavoro aveva tre obiettivi: identificare gli aspetti primari che definiscono la qualità del latte tenendo conto delle prospettive e delle rappresentazioni distinte dei tre gruppi di stakeholders sopracitati; esaminare le differenze e le somiglianze nella rappresentazione del latte da parte di costoro; classificare questi elementi utilizzando un quadro socio-ecologico per fornire una descrizione e un’analisi esaustive.

Un dualismo nella percezione della qualità del latte
Nell’osservazione delle rappresentazioni sociali riguardanti la qualità del latte  nei tre gruppi di stakeholders, i ricercatori di Psicologia dei consumi hanno notato una dicotomia che ha separato i due gruppi di operatori ed esperti da un lato e il gruppo dei consumatori dall’altro. 
Gli allevatori e i trasformatori hanno infatti mostrato risultati relativamente simili nella rappresentazione della qualità del latte, concentrandosi sugli indicatori tecnici. Al contrario, i cittadini-consumatori si sono focalizzati su concetti che si possono definire più semplicistici e soggettivi, peraltro difficili da quantificare. Soprattutto a partire dagli ultimi anni, i consumatori hanno infatti significativamente rimodellato la nozione di qualità alimentare, togliendo la preminenza a parametri funzionali quali il valore nutrizionale, l’aspetto e il gusto e iniziando a considerare valori etici, identitari ed emotivi. E la Systematic review del gruppo di ricerca del professor Bosio lo registra, perché, ad esempio, sono stati evidenziati studi recenti che dimostrano come la salute e il benessere degli animali siano fattori che sempre più il cittadino-consumatore considera nelle proprie scelte in tema di latte alimentare. E immediatamente appresso viene la considerazione di fattori legati alla sostenibilità: nella “qualità” del latte, i consumatori ora danno priorità anche al rispetto dell’ambiente, ai metodi di produzione, alle pratiche commerciali che devono essere viste come eque.

Affondo tecnico: le macrocategorie
Abbiamo detto di come il concetto di qualità sia complesso e sfaccettato. Nel lavoro di Castellini, Barello e Bosio sono stati identificati ben settanta caratteristiche, dette microcategorie, con cui i diversi stakeholders definiscono la qualità del latte alimentare. Attraverso un processo di sviluppo induttivo delle categorie , le micro-categorie hanno dato luogo a dodici macrocategorie (Tab. 1). In aggiunta,  la ricerca mostra  che la gran parte delle microcategorie che connotano il concetto di qualità del latte sono riferibili a fattori legati al livello di organizzazione (49%) e comunque una quota cospicua mira al  prodotto (25%). Inoltre, i risultati di questo studio mostrano come benessere e salute degli animali stiano diventando aspetti fondamentali nella definizione della qualità del latte. Inoltre, analizzando le dodici macrocategorie, i ricercatori hanno potuto tracciare dei collegamenti tra esse attraverso dimensioni più generali. In particolare, si osserva che le macrocategorie “Qualità del packaging” e “Qualità nutrizionale” hanno a che fare con il prodotto; mentre “Benessere animale” e “Sicurezza degli animali negli allevamenti” riguardano direttamente i capi allevati e molte altre (distribuzione, marchio, maestranze, livello tecnologico) hanno a che fare con l’organizzazione aziendale di produzione e trasformazione del latte. 

Affondo tecnico: il quadro socio-ecologico di Bronfenbrenner 
Ma c’è un altro approccio metodologico che può aiutarci a comprendere meglio cosa stia dietro alle dodici macrocategorie della qualità del latte individuate nella ricerca degli Psicologi dei consumi effettuata in ambito Ircaf. E qui ci viene in aiuto il modello socio-ecologico di Bronfebrenner il quale è stato adattato e rivisto in questo studio. In estrema sintesi, è un modello che si basa sul principio che l’ambiente e i diversi contesti di vita in cui una persona è inserita incidono significativamente sul proprio modo di percepire e descrivere una tematica. Questo modello, quindi, ha permesso di  comprendere e classificare le rappresentazioni sociali, ed in particolare le dodici macrocategorie utilizzate per qualificare la qualità del latte, rispetto all’ambiente sociale in cui esse hanno origine. Tale modello identifica diversi ambienti, rappresentati attraverso uno schema a cerchi concentrici che in questo studio sono stati riadattati, chiamandoli sistema individuale, microsistema, mesosistema e macrosistema. Concentriamoci brevemente sul sistema individuale, esso identifica il luogo in cui le persone generano opinioni in base alle loro esperienze diretta con il fenomeno mentre con mesosistema si identifica il contesto in cui le opinioni in merito ad una tematica si formano a partire dalle caratteristiche tangibili di un fenomeno. Bene, nello studio Ircaf sugli stakeholders nel campo del latte alimentare emerge che il 93% delle macrocategorie appartiene al mesosistema, sottolineando come l'ambiente fisico in cui il latte viene prodotto e lavorato sia di fondamentale importanza nel definire il concetto di qualità del latte. Al contrario, viene data minore importanza ai fattori individuali, come le inclinazioni personali o le preferenze di gusto.

Ma come dunque varia la visione della qualità?
Lo studio mostra un disallineamento fra le diverse rappresentazioni sociali di qualità del latte fra gli attori indagati. In particolare, per chi lavora nella filiera, (allevatori e trasformatori) il latte può essere considerato un prodotto di qualità se viene rispettato il benessere degli animali, compresa la corretta e tempestiva identificazione delle malattie, il rilevamento di agenti patogeni, l’adozione di opzioni terapeutiche adeguate e tecniche di gestione efficaci per ridurre l’incidenza di patologie tipiche, mastite in primis.
Per i cittadini-consumatori, invece, il latte è “di qualità” se gli animali “non hanno sofferto” e continuano a vivere secondo le loro comportamenti naturali (ad esempio, pascolare, mangiare erba). 
Inoltre, mentre gli operatori professionali associano il valore nutritivo del latte in base all’apporto energetico, al contenuto proteico e al contenuto di calcio, i cittadini-consumatori collegano la qualità del latte alla naturalità del prodotto e in particolare all'assenza di ingredienti aggiunti. Queste discrepanze di prospettiva devono essere riallineate lavorando sulla costruzione di una visione condivisa fra gli operatori ed i consumatori. Perché le differenze – così come emergono dallo studio Ircaf – sono ancora evidenti.

Azioni per riallineare operatori e cittadini 
Tra i meriti dello studio condotto da Castellini, Barello e Bosio – oltre allo sforzo scientifico inaugurale dedicato all'esplorazione psicosociale sulla qualità del latte – c’è di aver messo a fuoco il disallineamento della percezione su questo tema tra operatori e consumatori e di aver indicato qualche rimedio.
Fondamentalmente, si tratta di far dialogare questi mondi, immaginando una piattaforma di comunicazione comune. Perché le attuali strategie di marketing rivelano una lacuna nell’adozione di un approccio globale; approccio che considera il punto di vista sia degli esperti del settore lattiero-caseario che dei cittadini-consumatori riguardo alla qualità del latte. La frammentazione nelle definizioni di qualità del latte ha portato alla formulazione di strategie di marketing e comunicazione da parte delle aziende lattiero-casearie che si sono rivelate inefficaci, con un impatto negativo sul consumo di latte.

Un processo collaborativo
I risultati della systematic review condotta in ambito Ircaf sottolineano l’importanza di avviare un processo collaborativo per costruire una rappresentazione sociale condivisa sul latte alimentare che fonda efficacemente l’impatto sociale con una solida base scientifica.
I modi per raggiungere questo obiettivo sono diversi. Per cominciare, gli operatori potrebbero fornire ai consumatori più informazioni e più dettagliate sulle loro attività. Ciò potrebbe arrivare all’organizzazione di visite guidate in azienda o video online che mostrino le routine e, con esse, gli standard di benessere degli animali e le misure quotidiane per garantire la qualità del latte crudo in stalla e del latte alimentare nelle latterie. 
Con un passo in più si potrebbe ipotizzare l’organizzazione di workshop sia per gli esperti che per i consumatori che possano fungere, anche, da piattaforma per lo scambio di conoscenze: gli operatori potrebbero acquisire informazioni sulle preferenze e le preoccupazioni dei consumatori, e questi ultimi potrebbero meglio comprendere la complessità del mondo della produzione di latte.
Infine, l’introduzione di programmi educativi nelle scuole che mettano in risalto il viaggio del latte “dalla stalla alla tavola” può favorire scelte di consumo informate fin dalla giovane età.


TABELLA 1 – Le dodici macrocategorie della qualità del latte
Qualità delle normative (trasparenza delle norme sulla produzione e trasformazione del latte)
Qualità della relazione con gli operatori ed esperti (fiducia nelle persone che producono il latte)
Qualità sensoriale, dunque organolettica, del latte
Qualità del packaging e dell’etichettatura (chiarezza e completezza di informazioni)
Qualità nutrizionale e valore per la salute
Qualità delle pratiche di benessere animale negli allevamenti 
Qualità della sicurezza degli animali negli allevamenti
Qualità nella distribuzione del latte alimentare
Qualità aziendale (ovvero, reputazione del marchio)
Qualità delle maestranze (preparazione ed esperienza dei lavoratori delle aziende produttrici)
Qualità igienica del latte (salubrità)
Qualità tecnologica (livello tecnologico dell'azienda produttrice)