Quando il professor Paolo Ajmone Marsan, direttore della scuola di dottorato AGRISYSTEM e docente al Dipartimento DiANA, mi ha comunicato la notizia che avrei potuto trascorrere un periodo al Boston College, ho provato una miscela di entusiasmo e timore. Era la mia prima esperienza di ricerca all’estero e, sebbene sapessi quanto fosse importante per il mio percorso, dentro di me mi chiedevo: sarò pronta?
La risposta è arrivata tra gli edifici in stile gotico, i parchi e i laboratori del campus: il dottorato è una sfida che ti costringe a crescere e ad acquisire nuove competenze. Forse non ero del tutto pronta, ma abbastanza per viverla fino in fondo.
L’esperienza accademica
Sono stata accolta nel Dipartimento di Ingegneria, entrando a far parte del gruppo di ricerca coordinato dal professor Glenn Gaudette. Le giornate erano scandite da seminari, incontri con colleghi internazionali e momenti di confronto che mi hanno fatto capire come al Boston College la vita accademica sia davvero un cuore pulsante.
Durante il soggiorno mi sono concentrata sullo studio della carne coltivata, in particolare sull’interazione tra cellule e scaffold decellularizzati, con un focus sullo scaffold a base di Aspergillus oryzae e sull’ottimizzazione dei bioreattori. L’obiettivo era comprendere come i diversi tipi di scaffold interagiscano con le cellule e come le condizioni dei bioreattori possano essere ottimizzate per migliorare la resa delle colture cellulari.
L’arrivo e i primi passi
Il campus mi ha colpita subito: edifici che sembravano usciti da un romanzo, prati curati e studenti che correvano da una lezione all’altra con un caffè in mano. Il primo giorno ho provato emozioni simili a quelle vissute quando lasciai il sud per studiare al nord: un mix di timore e curiosità. Quelle sensazioni, però, si sono presto trasformate in opportunità: ho conosciuto colleghi che sono diventati punti di riferimento durante tutto il soggiorno, aiutandomi nella ricerca e facendomi sentire subito parte del gruppo.
Dentro la ricerca
Lavorare nei laboratori del Boston College è stato stimolante e, a tratti, travolgente. Ogni discussione si trasformava in uno scambio di idee che mi costringeva a ripensare il mio progetto da nuove prospettive. Ho incontrato giovani scienziati impegnati in ricerche diverse dalla mia, e questo mi ha fatto comprendere quanto sia fondamentale il confronto e la collaborazione.
Il lavoro quotidiano con il gruppo del prof. Gaudette mi ha permesso di affrontare sfide sperimentali legate alla crescita cellulare su scaffold decellularizzati e alla gestione dei bioreattori, ampliando le mie competenze scientifiche e costruendo relazioni professionali durature.
La città e la vita quotidiana
Boston mi ha conquistata poco a poco. Camminare lungo il Charles River, esplorare i quartieri storici o sorseggiare un caffè in una libreria affollata mi ha fatto sentire parte di una comunità viva e multiculturale. Adattarmi alla lingua, gestire la vita quotidiana in un contesto diverso e abituarmi a nuovi orari e abitudini alimentari sono stati ostacoli che si sono trasformati in piccoli traguardi, rendendomi più indipendente e sicura.
Cosa mi porto a casa
Questa esperienza non è stata solo un capitolo accademico, ma un percorso di crescita personale e scientifica. Ho imparato che la ricerca è innanzitutto condivisione: non si fa mai da soli. Ho scoperto che la curiosità è la bussola più preziosa e che il coraggio di uscire dalla propria comfort zone apre possibilità inaspettate.
Per questo ringrazio l’Università Cattolica e i professori Paolo Ajmone Marsan, Pier Sandro Cocconcelli e Franco Lucchini, che hanno reso possibile questa esperienza.
Oggi porto con me strumenti utili per la mia ricerca e, soprattutto, una nuova consapevolezza: ho imparato a fidarmi di me stessa, ad affrontare sfide inedite e a vivere la lingua inglese come una risorsa preziosa.
La mia esperienza al Boston College dimostra quanto la ricerca internazionale e multidisciplinare promossa dalla Scuola di Dottorato AGRISYSTEM dell’Università Cattolica sia una vera perla preziosa che ogni dottorando dovrebbe saper valorizzare.